Annalisa Di Meo: la misteriosa anatomia della natura
Per voce creativa è un ciclo di interviste del Wall Street International Magazine riservato alle donne del panorama artistico italiano contemporaneo. Per questa occasione Giovanna Lacedra incontra Annalisa Di Meo (Brescia, 1977).
Questo mondo come goccia di rugiada
È forse una goccia di rugiada,
Eppure – eppure.(Kobayashi Issa)
Le intime geografie delle foglie, i percorsi tracciati dalle loro nervature, le strade che si diramano tra le venature delle ali degli insetti. La misteriosa anatomia della natura. Tutto questo rivive nella ricerca di Annalisa Di Meo, come un ricamo. Un ricamo continuo della natura. Le cose della natura, le più nascoste, le più sottili, le più delicate, le più gentili tornano nei suoi lavori, ricreate con una cura meticolosa. Ogni opera è il risultato di un fare gentile e paziente.
Annalisa è un architetto, un grafico pubblicitario, e sicuramente la precisione che entrambe le professioni richiedono è presente nelle sue operazioni artistiche. Il suo è un lavoro che si sviluppa nella lentezza della scoperta, dell’attenzione, dell’indagine, attraverso un processo lenticolare, con una dedizione da pittore fiammingo, Annalisa ricostruisce dettagli minimissimi combinando diversi materiali: dallo spago al cellophane, dalla carta al lino grezzo. L’anatomia della natura che comunemente non cattura lo sguardo del mondo, viene disvelata nel dettaglio del suo nucleo più profondo, restituito in forma di poesia.
Annalisa vive a Torre d’Isola e lavora a Pavia. Questa è la sua voce creativa per voi:
Chi è Annalisa?
Una persona semplice e complessa al tempo stesso, empatica, un’indagatrice della Natura.
Il colore di una carezza?
Il colore dei miei genitori.
Qual è stata la tua formazione?
Ho frequentato il liceo artistico, dopo di che mi sono laureata al Politecnico di Milano in Architettura. Durante gli studi universitari, ho conseguito anche la qualifica di Operatore Grafico Pubblicitario.
Dove finiscono i sogni incompiuti al risveglio?
In una ricerca senza sosta per dare concretezza alle forme del sogno; a volte mi riesce, altre volte no. Per quanto ci si impegni, non tutto è sotto il nostro controllo.
La voce che per sempre ti parlerà?
Quella di chi, con interesse sincero, mi ha dato consigli e mi ha fatto riflettere sui miei lavori.
Il tuo ricordo più vivido di quando eri bambina?
Ho molti bei ricordi, un po’ sfocati forse, della mia infanzia. Dovendone scegliere uno, direi quando alle elementari la maestra ci fece fare un calco in gesso delle foglie raccolte nel giardino della scuola: è ancora impresso dentro di me.
Dove passeggeresti per ore a piedi nudi?
Su una superficie naturale come sabbia, foglie secche o erba fresca. Durante l’ultimo inverno mi è capitato, nel passeggiare nel Parco Naturale del Ticino dietro casa, di vedere sulla neve le impronte di vari animali. Avrei voluto togliermi le scarpe… poi ho pensato non fosse il momento migliore per ammalarsi e ho dovuto rinunciare.
La natura è il vocabolario principe della tua creatività, perché?
Perché la trovo affascinante in ogni sua forma o colore. Mi dedico alla natura più quotidiana, non vado alla ricerca dell’elemento raro o spettacolare, perché non tutto ciò che è ripetuto e diffuso è per questo necessariamente banale e di poco valore. Mi piace ricercare piccoli frammenti di mondo, lasciarmi colpire dalle cose solo in apparenza semplici e ordinarie, e scoprirvi la bellezza che sanno regalare. Un aneddoto: una volta, in una falegnameria, pescai dal cesto degli scarti un cubo di legno di cirmolo che aveva un nodo; quando chiesi al falegname se potessi prenderlo, lui mi disse “certo, è solo un nodo”. Io pensai “non è un nodo, è un sole di Turner!” e me ne andai via entusiasta, come mi avessero fatto il migliore dei regali. Mi capita di trovare l’ispirazione negli oggetti naturali più marginali e questo mi rende felice; è questa gioia che desidero condividere attraverso i miei lavori.
La tua ricerca mescola diversi medium e materiali: disegno, acquerello, spago, cellophane, carta di riso… Come hai costruito questo repertorio?
Alcuni materiali li ho scelti perché adatti a rendere matericamente e cromaticamente ciò che volevo trasmettere. Riprodurre la trama di una foglia secca con lo spago naturale mi sembra appropriato sia per colore che per sostanza (natura per natura). Altri materiali invece sono entrati dopo aver frequentato alcuni workshop che mi hanno fornito le nozioni e lo stimolo per sviluppare lavori diversi. Alla fine la costante della mia ricerca sta nel tema, mi piace sperimentare per vedere come tecniche diverse riescano a far emergere aspetti diversi di uno stesso soggetto.
Che ruolo ha la memoria nel tuo lavoro?
Un ruolo basilare, tutto ciò che sono e quindi ciò che faccio è il riflesso di un ricordo.
È vero che la scaturigine di un’opera è sempre autobiografica?
Sicuramente, anche solo nella misura in cui mi focalizzo su un soggetto anziché su un altro, già lì racconto qualcosa di me. Di seguito anche la formalizzazione dell’opera è di sicuro espressione della propria interiorità; i miei lavori hanno una certa essenzialità, sono al tempo stesso strutturati e fragili. Ecco: strutturati e fragili… li trovo aggettivi buoni tanto per loro, quanto per me.
Il colore della verità?
Forse il colore dipende dalla verità a cui ci si riferisce. Ogni verità ha la sua cromia a seconda dell’emozione che suscita.
Quale credi sia il compito di una donna-artista, oggi?
Credo che il compito fondamentale dell’artista, che sia femmina o maschio, consista nell’essere fedele a sé stesso. Il resto viene da sé. Per quanto mi riguarda, il mio intento è quello di fare da tramite per mettere in luce il bello che si trova e si svela nei semplici e familiari eventi della natura.
Un lavoro tuo che ti sta maggiormente a cuore e perché?
…Quello che resta è stato il primo lavoro che ho creato con una certa consapevolezza, in cui ha iniziato ad emergere il mio stile. Ricordo la prima volta che un gallerista mi chiese di lasciarglielo per esporlo, ero felice ma al tempo stesso non riuscivo quasi a separarmene. Grazie a questo lavoro ho iniziato a partecipare alle collettive legate ai concorsi e dare così il via al mio percorso.
Ad ispirarti, influenzarti, illuminarti ci sono letture particolari?
Mi piace differenziare le letture, oltre a quelle legate all’arte, mi piace leggere di botanica, fisica, romanzi, saggi, poesie, fumetti e graphic novel. Cerco di essere onnivora, l’ispirazione si nasconde ovunque.
Scegli tre delle tue opere, scrivimene il titolo e l’anno, e dammene una breve descrizione.
N°12, 2019: mediante l’uso di materiali quotidiani, quali spago e lino grezzi, racconto la bellezza del tempo trascorso e l’estetica delle sue trame. Così una foglia consumata diventa metafora della sequenza di eventi che plasma tutti noi; mostra la leggerezza conquistata nel perdere il superfluo a favore dell’emergere della nervatura, rivela le nostre fragilità e ci rende individuabili nella nostra soggettività, racconta la nostra unicità.
Ritratto di foglia 1, 2020: l’opera rappresenta la trama di una pagina fogliare, realizzata con china, acquerello e matite colorate, con l’obiettivo di sottolineare la bellezza compositiva degli elementi naturali più comuni in grado di emozionare per la loro semplicità; e proprio alla ricerca della semplicità si ispira questa serie che utilizza colori delicati per far emergere la linea come unica protagonista.
Oltre la nebbia 3, 2020: la serie “Oltre la nebbia” offre una sorta di anteprima di ciò che sarà, vuole dare modo all’osservatore di vedere le foglie dal mio punto di vista, quando le studio per trovare il taglio migliore per realizzare i miei lavori. I soggetti sono quindi foglie vere, fissate su carta, che si possono osservare solo attraverso il foro praticato in un foglio traslucido, questo per porre l’attenzione sulle nervature delle foglie più che sulla forma intera che si è soliti notare maggiormente.
L’opera d’arte che ti fa dire: “questa avrei davvero voluto realizzarla io!”?
Molte, tutte quelle che vorrei guardare per ore.
Un o una artista che avresti voluto esser tu.
Non credo di poter disgiungere l’artista dalla sua arte e, anche se molte opere mi affascinano, non mi metterei mai nei panni di un’altra persona.
Un critico d’arte o curatore con il quale avresti voluto o vorresti collaborare?
Ce ne sono alcuni di cui ammiro il lavoro, credo che sia importante avere lo stesso sentire perché si instauri un rapporto di reciproca crescita tra il curatore e l’artista. Ho avuto la fortuna in passato di collaborare con Cristina Muccioli, è una persona straordinaria per gentilezza e cultura, mi piacerebbe un giorno poter ripetere l’esperienza.
Tre aggettivi per definire il sistema dell’arte in Italia.
Autoreferenziale, ancorato, potenziale.
In quale altro ambito sfoderi la tua creatività?
Data la mia formazione, mi piace ogni tanto intraprendere progetti di interior design, grafica e decorazione. Giusto in questo periodo mi sto dedicando alla creazione di complementi d’arredo, tutti rigorosamente a tema naturale.
Work in progress e progetti per il futuro.
È un periodo complicato per fare progetti; alcune mostre che avevo in programma sono ancora in attesa di essere realizzate. Non vedo l’ora di poter tornare a fare progetti come una volta.
Il tuo motto in una citazione che ti sta a cuore.
Ho visto cose bellissime, grazie alla diversa prospettiva suggerita dalla mia perenne insoddisfazione, e quel che mi consola ancora, è che non smetto di osservare.
(Edgar Degas)